Se da una parte il risultato del voto sulla nuova LRTV ci permette di tirare il fiato, dall’altra le preoccupazioni sul futuro del servizio pubblico restano. Romandi e grigionesi hanno dimostrato di comprendere il ruolo importante svolto dalla SSR nel promuovere la coesione nazionale e tutelare le minoranze linguistiche. Il 52% dei ticinesi votanti invece no. E questo ci sconcerta parecchio.
La votazione di domenica verteva unicamente su una modifica del sistema di riscossione del canone. Ma, come prevedevamo, è stata strumentalizzata in un voto a favore o contro la RSI. E se già è difficile comprendere come si possa dire no ad una diminuzione del canone, vero oggetto in votazione, il no ticinese ci pare ancora più autolesionista se si considera la particolarità del Ticino che contribuisce al pagamento del canone solo con il 4,5% ma ne riceve oltre il 20% per poter garantire nella Svizzera Italiana un’offerta radio televisiva e online equivalente alle altre regioni linguistiche.
Oltre Gottardo guardano con stupore al voto ticinese, domandandosi come mai, proprio chi approfitta di più della tassa di ricezione abbia espresso un voto contro i propri interessi. E da lì a mettere in discussione a chiave di riparto il passo è breve.
Il dibattito sul servizio pubblico – che era già in programma e non è una conseguenza del voto di domenica – è ora più che mai necessario. Dovremo tutti impegnarci nel difendere e ravvivare un servizio pubblico a favore di ogni cittadino, e in questo impegno l’SSM cercherà di dare, con l’aiuto di tutti, il suo contributo nei difficili mesi a venire.