«Piena fiducia al gruppo SSM Lugano!»

Lunedì 15 febbraio il presidente nazionale dell’SSM Ruedi Bruderer e il segretario centrale Stephan Ruppen si sono incontrati con il Comitato del gruppo Lugano. Hanno espresso al Comitato il loro sostegno e la piena fiducia per il difficile lavoro causato dall’incapacità della Direzione di realizzare programma di risparmio 16+ della SSR nel modo stabilito fra le parti sociali. Abbiamo colto l’occasione per porre alcune domande al nostro presidente nazionale.

Come hai trovato la situazione in occasione del tuo incontro con la sezione di Lugano?

Sono rimasto scioccato tre settimane fa quando il presidente del gruppo mi ha telefonato tutto sconvolto e mi ha spiegato quanto stava succedendo a Lugano. Ora, dopo quella brutta vicenda, c’è la volontà di entrambe le parti a tornare al dialogo. Vedremo su quali basi e con quale disponibilità da parte dei vertici della RSI sarà possibile affrontare i non pochi problemi che si sono accumulati ultimamente e negli scorsi anni. A Lugano si devono costruire nuovi rapporti basati sulla fiducia reciproca. Solo così si può rimettere in moto il lavoro fra i partner sociali. Ho constatato che il Comitato SSM è pronto a seguire questa via. È una sfida che va raccolta anche da chi ha causato questo disastro. Dopo l’ammenda del Direttore devono seguire i fatti.

Come ti spieghi che di fronte a una necessità di risparmio tutto sommato limitata, e nonostante la disponibilità del personale e del sindacato a considerare altre soluzioni, la SSR abbia scelto la strada dei licenziamenti senza voler sentire ragioni?

Il programma di risparmio 16+ è stato imposto alla SSR dall’esterno. Naturalmente 40 milioni di franchi su un budget di 1,65 miliardi di franchi non sono che il 2,5%, ma rappresentano un risparmio ricorrente almeno per i prossimi cinque anni. Il personale e l’SSM hanno inoltrato “400 proposte costruttive”, tuttavia secondo la SSR “non permettono una riduzione sostanziosa dei previsti tagli di 250 posti di lavoro”. Così non è stata presa in considerazione dalla SSR neanche la proposta dell’SSM, basata sulla perizia del capoeconomista dell’USS Daniel Lampart riguardante la situazione economica dell’SSR, di diminuire le riserve, o rispettivamente di esaminare la possibilità di un deficit al posto di un massiccio programma di risparmio. Noi tutti abbiamo inoltrato proposte alternative per impedire i licenziamenti, com’era stato stipulato fra SSR e SSM quale punto centrale del piano sociale. È deludente che, malgrado questo impegno, alla RSI si debbano licenziare 18 persone.

In questa vicenda all’SSM è stato consentito di svolgere pienamente la sua funzione di partner sociale?

Dobbiamo distinguere due aspetti. Le decisioni riguardanti i licenziamenti, le riduzioni dei tempi di lavoro e i pensionamenti anticipati sono di competenza del datore di lavoro. Noi abbiamo il diritto di sapere come le decisioni vengono prese, e questo secondo il CCL (art. 57.3). Qui non siamo ancora d’accordo con la SSR, ma stiamo chiarendo la questione. Invece per quanto riguarda l’attuazione delle decisioni la situazione è chiara. L’SSM è chiamato a partecipare fin dall’inizio. Nelle altre unità dell’azienda si sono sì incontrate difficoltà – chiamiamole tecniche – ma la partecipazione dell’SSM non è stata contestata. Quanto è successo a Lugano resta perciò incomprensibile, anche a Berna. I responsabili della RSI hanno sbagliato, hanno mancato di rispetto nei confronti dei colleghi e delle colleghe. Questo è inaccettabile.

Nonostante i numerosi licenziamenti avvenuti nelle altre regioni non ci risulta che il personale abbia reagito come nella Svizzera italiana. Come sono stati gestiti i licenziamenti nelle altre unità aziendali?

Come detto, l’SSM è stato coinvolto dal reparto Risorse umane dappertutto, laddove sono stati decisi dei licenziamenti o sono state prese altre misure. Presso RTS a Ginevra e Losanna, per esempio, le persone toccate in qualche modo dalle misure di risparmio sono state motivate a farsi accompagnare dal sindacato al colloquio con il superiore. E di sospensioni immediate per collaboratori e collaboratrici senza responsabilità specifiche non si è nemmeno parlato, all’infuori della RSI.  

Come sappiamo lo stile, i criteri e i metodi applicati alla RSI sono stati ben diversi. Come è stato considerato a livello nazionale quanto è avvenuto in Ticino, e soprattutto questi fatti possono risultare dannosi per l’immagine della RSI?

Che l’attuazione in Ticino si sia verificata in modo così poco dignitoso ha sorpreso tutti. Non mi è mai successo prima, da quando sono presidente dell’SSM, di dover intervenire per mail la sera tardi presso il direttore regionale con copia al direttore generale. Le reazioni della Centrale SSR a Berna sono state chiare, anche lì la procedura adottata dalla RSI non è stata approvata. E all’incontro ai vertici all’inizio di febbraio non ci sono state delle vere differenze nella valutazione di questa „Tessiner Affäre“. La RSI non fa una bella figura!

Il momento politico è molto delicato per la SSR, poiché sulla sua testa pendono numerose minacce. Da questo punto di vista il saldo di tutta l’operazione licenziamenti per l’azienda è positivo o negativo?

La RSI e indirettamente anche la SSR in questo caso sicuramente non si sono messe in buona luce. Spero però che la RSI non venga identificata unicamente con i responsabili di quest’infelice operazione. Alla RSI lavorano tante colleghe e tanti colleghi che giorno per giorno realizzano con grande impegno programmi di alta qualità. E la Svizzera italiana sicuramente non vuole rinunciarvi – e anche noi dell’SSM non possiamo immaginare una SSR senza RSI.

E corriamo dei rischi, soprattutto dopo l’esito della votazione sulla LRTV dell’anno scorso. Un fatto come questo non promuove una buona immagine, nemmeno nella Svizzera Italiana. Con l’iniziativa No-Billag, con i numerosi interventi parlamentari anti-SSR inoltrati a Berna (Natalie Rickli, Christian Wasserfallen, Marco Romano), con il dibattito sul servizio pubblico e sulla concessione, dobbiamo stare attenti a non buttare più benzina sul fuoco.

Cosa possono attendersi ora da una parte i colleghi e le colleghe che hanno già subito le misure di riduzione del personale, e dall’altra quelle e quelli che potrebbero subirle in futuro?

La sospensione temporanea di tutte le misure ancora previste, per l’SSM è conditio sine qua non fino alla chiarificazione dei fatti di Lugano. L’SSM rivendica fermamente il proprio diritto di partecipazione ancorato nel CCL. Già nello scorso ottobre abbiamo manifestato alla SSR questa nostra ferma volontà. L’SSM ha commissionato una perizia giuridica che conferma questo nostro diritto. Il 12 febbraio 2016 abbiamo consegnato la perizia all’SSR. Per le misure già messe in atto siamo dell’opinione che debbano essere bloccate fino a che la SSR e l’SSM si siano accordati su un’attuazione conforme all’art. 57.3 del CCL.