Se la SSR vuole salvare il servizio pubblico non può fare terra bruciata intorno a sé

Come era previsto il Consiglio Federale ha approvato e pubblicato il rapporto sul servizio pubblico radio televisivo e sulla SSR, basato sul documento rilasciato dalla Commissione federale dei media (COFEM) e sugli interventi parlamentari. Per l’esecutivo federale la SSR dovrà mantenere un ruolo centrale, vitale per un servizio pubblico di qualità, e potrà continuare a contare sui soldi del canone (che però non aumenterà neanche se aumentassero gli utenti). Lo spettro di una SSR ridotta del 50% in tempi brevi si allontana, dunque, ma non c’è purtroppo motivo di rallegrarsi oltre misura. Mentre PS e PPD hanno dato la loro adesione al documento, PLR e UDC hanno dichiarato che trovano assurdo estendere le prestazioni della SSR in modo da permetterle di essere concorrenziale con le emittenti private, e diversi loro parlamentari hanno già promesso battaglia per deregolamentare il settore. Gli appuntamenti politici delicati che la SSR ha di fronte sono ancora molti. Sarà in grado di superarli e di difendere pienamente il servizio pubblico? E di fronte a queste sfide, quale dovrebbe essere la posizione del sindacato? Ecco il parere di Pilipp Cueni, esperto di politica dei media del SSM.

Il Parlamento potrà, presumibilmente nel 2017, limitare massicciamente la SSR sia finanziariamente, sia nelle sue possibilità di diffusione sia nel suo mandato. Oppure promulgare disposizioni per una modifica della costituzione. Oppure confermare la SSR nella sua forma e mandato. La votazione popolare sulla “No Billag” (verosimilmente 2019) pone la domanda in modo radicale: un sì significherebbe la fine definitiva della SSR. Ma ancora prima si potrebbe delineare uno scenario pericoloso: se il Parlamento decidesse di contrapporre all’iniziativa una controprogetto più “moderato” che distruggerebbe comunque la SSR nelle sue fondamenta.

Scenari simili devono oggi essere considerati come realistici. Ne va quindi della esistenza stessa della SSR.

E oltre alla “macro prospettiva” c’è la “micro prospettiva”: come collaboratori si hanno sempre dei buoni motivi per prendersela con la SSR: per le misure di risparmio, le ristrutturazioni, i licenziamenti, il comportamento poco sociale come datore di lavoro e come partner sociale.

Ma anche come cittadino e consumatore dei programmi della SSR ci sono dei motivi per arrabbiarsi e criticare: le decisioni sui Programmi (“cos’è il servizio pubblico?”), sulla qualità, sulle decisioni strategiche, sul troppo e troppo poco commerciale. È normale che una grossa impresa mediatica con un mandato pubblico sia sempre nel mirino delle critiche.  Due esempi “oltre la normalità” dal Ticino hanno però scioccato anche la Romandia e la Svizzera tedesca: le modalità con le quali sono stati messi in atto i licenziamenti. Ed errori nel riportare i fatti di violenza sul TILO.

Entrambi gli esempi sono inaccettabili per gli standard della SSR. Sono stati ripresi anche nei media a Nord della Alpi. E hanno irritato anche coloro i quali si dicono di base favorevoli alla SSR (anche se si tratta di situazioni singole). A causa di situazioni simili molti sostenitori del servizio pubblico si chiedono: dobbiamo difendere la SSR?

La risposta mi sembra chiara e inequivocabile: sì, non c’è alternativa. Se non difendiamo la SSR, allora l’offerta di servizio pubblico e i posti di lavoro saranno spazzati via. E ne sarebbe distrutto anche il principio federale dell’equivalenza tra le regioni. Per la Svizzera è impossibile scindere la questione del servizio pubblico dalla SSR.

Questo “Sì alla SSR” non significa però rinunciare ad ogni critica. Divergenze tra i partner sociali appartengono alla quotidianità. Devono essere portate avanti dove necessario con fermezza, ma devono essere scisse dalle divergenze sul futuro politico della SSR. E alla domanda “quale” SSR del futuro vogliamo difendere, come dovrà essere la SSR del futuro, come dovrebbe configurarsi una concezione moderna del servizio pubblico- questioni simili dovrebbero essere portate nel dibattito politico. In quanto la SSR si trova in un modo o nell’altro di fronte ad un cambiamento: l’adattarsi alle esigenze dell’era digitale; la modernizzazione del mandato di prestazione per la società del 2020; il suo posizionamento tra le varie imprese mediatiche svizzere in un panorama mediatico svizzero in quasi totale cambiamento.  E politicamente nel 2017 ci sarà il rinnovo della Concessione.

La SSR stessa porta avanti il dibattito- per esempio con uno studio come quello recente “Opinione pubblica 4.0”. E fa bene, ancorando con un largo dibattito il proprio mandato nella popolazione.

Dei cambiamenti sono assolutamente necessari per assicurare l’esistenza della SSR. Porteranno con sé per i collaboratori nuove chances e insicurezze. Ma questo dibattito sul futuro, offre anche l’opportunità di poter contribuire a dare forma al nuovo profilo della SSR del futuro.

La premessa è tuttavia che la SSR non venga limitata nella sua indipendenza, nel suo mandato e nelle sue modalità di finanziamento. E per questo dobbiamo prima di tutto combattere.

> Il comunicato e la documentazione del CF

> La presa di posizione del SSM