Violazione delle Linee guida RSI per l’utilizzo dei social media: i dipendenti vengono condannati duramente; il direttore si autoassolve

“La RSI si aspetta che tutti i suoi collaboratori attivi sui SM diano prova di buon senso e correttezza e che rispettino il dovere di lealtà nei confronti del datore di lavoro (RSI e SSR), peraltro enunciato dal contratto di lavoro. Ciò significa che ogni collaboratore deve evitare che il suo utilizzo dei SM possa in qualche modo ledere gli interessi della RSI/SSR, pregiudicandone l’immagine e la reputazione o arrecando in altro modo danno l’azienda.”

“La mancata osservanza dei principi di base contenuti nelle presenti Linee guida che comportasse una violazione del dovere di lealtà nei confronti del datore di lavoro sarà sanzionata. La RSI, dopo aver sentito il collaboratore, potrà adottare i provvedimenti che ritiene necessari (come l’ammonimento/richiamo ufficiale, la sospensione o il licenziamento), nel rispetto del principio di proporzionalità.”

In base a queste disposizioni in passato alcune colleghe e colleghi, pur essendosi scusate/i pubblicamente e privatamente per messaggi o commenti giudicati impropri dalla RSI, sono stati sanzionati pesantemente, con sospensioni, riduzioni di stipendio, e anche con il licenziamento (è stato il caso di una madre con figli agli studi).

L’SSM ritiene inaccettabile che proprio colui che ha deciso queste gravi sanzioni si sia autoassolto in un primo tempo (quando i tweet sono stati segnalati da alcune/i dipendenti), e si autoassolva ancora oggi pubblicamente, per messaggi di gravità indiscutibile e certamente lesivi della reputazione della RSI, ritenendo sufficienti le proprie scuse.

L’SSM chiede pertanto alle istanze che controllano l’operato della direzione RSI (Direzione generale, CORSI, Consiglio d’amministrazione SSR) di intervenire con la stessa fermezza dimostrata in altri casi nell’applicazione delle norme citate. Non farlo equivarrebbe a violare gravemente il principio di equità e di giustizia, e accettare che sia il giudicato a giudicare sé stesso.

Ha inoltre chiesto anche all’SSM centrale di sostenere e portare avanti questa richiesta a livello nazionale.

SSM Lugano, 2 febbraio 2020