Ci siamo anche noi – Bruna Margna, una vita al buio

Bruna Margna, oggi responsabile del trucco a Comano, lavora alla RSI da 32 anni. Un lavoro, quello delle truccatrici, fondamentale. Sarebbe inimmaginabile andare in studio senza prima passare da loro. Una professione che come molte, in azienda, se non è molto cambiata nel modo di svolgerla, ha sicuramente subito un’accelerazione formidabile dovuta a un carico di lavoro sempre più pesante.

 

Fino a qualche anno fa, c’era il tempo di dedicarsi ai presentatori, agli ospiti, facendo un lavoro impeccabile. Oggi, i ritmi sono cambiati, le persone da truccare, ogni giorno, sono sempre di più, ma il personale non è aumentato.

D: In quante siete?

R: Siamo 22 persone, ma solo 5 sono in CCL. Tutti le altre vengono da ditte esterne.

D: Questo è un bene o un male?

R: Da una parte, è un bene perché siamo più flessibili, possiamo rispondere più facilmente ai picchi delle richieste. D’altra parte, chi è interno si sente maggiormente responsabilizzato. Se un tempo rispondevamo tutte allo stesso datore di lavoro, oggi, i datori di lavoro sono diversi. Per quelle che sono in CCL la pianificazione deve rispettare certi parametri. Per le esterne, i vincoli sono molti più labili. Oltretutto, fino a qualche anno fa, l’attività di truccatrice era vincolata a un percorso formativo ben preciso. Ti assumevano solo se avevi una formazione da parrucchiera e da truccatrice, oggi non è più così.

D: Cioè…

R: Dopo la nostra formazione da parrucchiera, frequentavi un ancora anno per diplomarti anche come truccatrice. Ti formavano per il trucco cinematografico, quello televisivo e quello teatrale. Da qualche anno, alla RSI, sono state introdotte delle formazioni interne di tre mesi: assumono delle parrucchiere alle quali danno qualche rudimento di trucco televisivo di base.

D: Non è sufficiente?

R: No. In particolare ci sono trasmissioni come il TG, in cui la presentatrice o il presentatore, stanno sotto i riflettori per mezz’ora. Questo impone un approccio molto preciso. Non puoi sbagliare, il trucco deve reggere tutto il tempo della trasmissione. Questo, per esempio, è un lavoro che possiamo fare solo noi diplomate e con una lunga esperienza. Non lo puoi delegare a chi ha conoscenze appena abbozzate. Ciò rende tutto più difficile e stressante. Noi anziane cerchiamo di fare del nostro meglio, cerchiamo di trasferire il mestiere alle più giovani, ma se mancano le basi, alle volte diventa faticoso.

D: Ma quantomeno vi sentite riconosciute, apprezzate?

R: Direi di sì. Siamo apprezzate ma l’apprezzamento deve passare anche dal riconoscimento che per fare un buon lavoro ci vuole del tempo e il tempo è sempre più limitato. Ti confido che molto spesso, a fine giornata, non ne posso più e non perché ho sessant’anni. Anche le colleghe più giovani arrivano sfinite.

D: Quando presentavo il TG, passare al trucco ero un momento particolare, quasi terapeutico. Mi rilassavo sulla poltrona e raccoglievo le forze prima di entrare “nell’arena”. Avete la consapevolezza che il vostro lavoro è qualcosa di più che il semplice “truccare”?

R: Si, assolutamente. L’esperienza ti insegna pure come porti a dipendenza di chi è la persona che devi truccare. C’è chi cerca il silenzio, c’è invece chi vuole chiacchierare. Sta a noi capire ed adattarci.

D: Certo che lavorare qua sotto, con la luce artificiale, senza finestre… Non deve essere facile.

Infatti, non lo è. Specialmente d’inverno arrivi al lavoro che è ancora buio e te ne vai che è già buio.

Avevamo una nostra saletta per risposarci con tanto di finestre. Ce l’hanno tolta per metterci i montaggi. Siamo state costrette a ritagliarci questo corridoio buio e angusto: è l’entrata di un magazzino, bisogna sempre lasciare libero l’accesso, per cui non possiamo nemmeno depositare, in tutta sicurezza, i nostri effetti personali. Insomma, ce lo dobbiamo fare bastare.

D: Se tu potessi tornare indietro, rifaresti lo stesso lavoro?

R: Sì, lo rifarei. Diciamo che i primi 20 anni sono stati molto belli, molto variati, con molti lavori meravigliosi. Gli ultimi 10, molto meno. Quantomeno, il calore umano esiste ancora e questo ti ricompensa di tante cose.  Comunque, se la mia carriera dovesse prolungarsi di altri 10 o 20 anni, non so se resisterei.

D: Noi vi vediamo sempre e solo al lavoro ma voi avete sicuramente una vita privata, degli hobby. Tu, per esempio, come occupi il tuo tempo libero?

R: Io sono un’appassionata cuoca. Mi piace sperimentare nuovi piatti, studio sempre nuove ricette e mi piace farle assaggiare agli amici. Da anni, poi, collaboro con l’associazione Abaeté impegnata socialmente in una favela di Salvador de Bahia, in Brasile. Ogni anno riusciamo a raccogliere nella Svizzera italiana qualcosa come 100 mila franchi netti che trasferiamo direttamente ai nostri partner in Brasile. Facciamo bancarelle, vendiamo dolci, organizziamo manifestazione diverse per raccogliere questi soldi. Evidentemente ci mettiamo anche del nostro, tutto gratuitamente coprendo pure le spese di tasca nostra.

Una mano amica nella favela, servizio della RSI