Per evitare gli stereotipi di genere nei media sono necessarie direttive chiare
Come da noi scritto nel maggio scorso, una puntata della rubrica “Politicamente scorretto” durante la quale due ragazze in abiti succinti e in evidente imbarazzo sono state usate come manichini viventi per un misero quiz sulle parti del corpo ha suscitato un gran numero di reazioni e di critiche. Tra queste quella del Coordinamento donne della sinistra che ha inoltrato un reclamo al mediatore. Ecco di seguito il comunicato del Coordinamento relativo al risultato della procedura, nell’ambito della quale è stata formulata la proposta di introdurre direttive chiare, coerentemente a ricerche e linee guida nazionali e internazionali, allo scopo di evitare di cadere in stereotipi di genere sessisti.
No agli stereotipi di genere nei media: non si tratta di politicamente (s)corretto, ma di rispetto della dignità di donne e uomini
Come molte altre persone, nel mese di maggio abbiamo reagito a una trasmissione andata in onda sabato 11 in prima serata su RSI La1, in cui un terzo della trasmissione era focalizzato su un siparietto oltremodo degradante e sessista che ha coinvolto il neo Consigliere di Stato De Rosa, il conduttore Nicolò Casolini e la voce fuori campo di Sergio Savoia. In particolare, si trattava della “prova” a cui veniva sottoposto (si fa per dire) l’ospite del programma Politicamente scorretto che, nel caso contestato, prevedeva di identificare con una bacchetta alcune parti anatomiche del corpo di due giovani ragazze, le quali, visibilmente imbarazzate, per tutto il tempo tendevano a coprirsi le parti scoperte del corpo, in quanto vestite con dei leggings e un minitop.
Abbiamo quindi inoltrato subito un reclamo al mediatore RSI ritenendo che l’episodio violasse il principio di rispetto dei diritti fondamentali, in particolare per quanto riguarda la dignità della persona e la discriminazione sessuale, così come richiesto anche dalla Legge radiotelevisiva. In risposta alle varie reclamazioni sono arrivate delle scuse pubbliche, ma più per circostanza che per comprensione dell’errore. Nel frattempo, inoltre, siamo venute a sapere che la trasmissione era stata registrata alcune settimane prima e ci siamo quindi chieste se nessuno dei presenti si era posto alcuna domanda su un siparietto non politicamente scorretto, ma fortemente sessista proprio per gli stereotipi che veicolava. Abbiamo così richiesto un incontro di conciliazione per spiegare le ragioni del nostro reclamo e per chiedere che venissero istituiti dei meccanismi di regolamentazione più chiari e delle misure per migliorare il rispetto del mandato pubblico e della dignità della persona, in particolare delle donne.
All’incontro di conciliazione di inizio settembre, a cui erano presenti la responsabile programmi, la nuova responsabile del dipartimento Cultura e Società e il legale aziendale della RSI, sono quindi state portate le nostre argomentazioni e la proposta di introdurre direttive chiare, coerentemente a ricerche e linee guida nazionali e internazionali, allo scopo di evitare di cadere in stereotipi di genere sessisti, di cui sembrerebbe non tutti siano consapevoli. In particolare, abbiamo motivato il nostro reclamo appellandoci al dovere del servizio pubblico di rispetto della dignità delle persone, visto che la trasmissione in questione era da ritenersi lesiva della dignità delle donne, come pure degli uomini, costretti a confrontarsi con un approccio culturale che attribuisce alle donne un ruolo di corpo da sezionare, generalmente muto e accondiscendente, veicolando lo stereotipo dell’uomo attivo e della donna passiva. Se l’obiettivo fosse stata la conoscenza delle parti anatomiche di un essere umano da parte del neo Consigliere di Stato, si sarebbe potuto infatti ricorrere a un manichino o una persona che interagisse con l’interrogante e l’interrogato. Invece i produttori hanno volutamente scelto di oggettificare due giovani corpi femminili ammutoliti. Ed è su questo aspetto che il reclamo si è concentrato, ricordando che a partire dalla Convenzione dell’ONU del 1979 sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, sottoscritta nel 1997 anche dalla Svizzera, fino alla recente Convenzione di Istanbul, uno dei temi fondamentali è l’eliminazione di stereotipi di genere che veicolano forme degradanti delle donne.
Le responsabili dell’azienda RSI hanno ribadito il loro impegno sulle tematiche delle pari opportunità e come risultato della mediazione l’impegno dell’azienda RSI è stato quello di considerare il materiale da noi prodotto nell’elaborazione delle proprie linee guida, unitamente alla documentazione già esistente e alle misure già messe in atto.
Ora staremo a vedere, vigilando affinché cadute così indegne non si riproducano più.
Coordinamento donne della sinistra
Testi principali di riferimento
- Guida redazionale per scelte attente alla parità di genere, 2015, a cura di SSM, Syndicom e Impressum
- Raccomandazioni ai media tratte dal rapporto Les médias et l’image de la femme, 4/5 luglio 2013
Sulla lotta ad ogni forma di sessismo in RSI segnaliamo che il gruppo donne RSI SSM #indietrononsitorna ha consegnato alla direzione, in occasione dello sciopero nazionale delle donne del 14 giugno 2019, una Carta per dei media contro il sessismo sottoscritta da 541 lavoratrici e lavoratori RSI. (NdR)