Covid-19: un’informazione imbavagliata. . . dalle cifre

Il Covid visto dai bambini
Radio, televisioni, giornali, continuano a riportare, acriticamente, cifre, percentuali e incidenze della pandemia, senza preoccuparsi di mettere il tutto nel giusto contesto. Una cacofonia che invece di garantire una corretta informazione si limita a fare da megafono ai dispacci d’agenzia e ai comunicati stampa ufficiali. Sarebbe ora di cambiare passo. Helmut Scheben, ex redattore presso SRF, ora pensionato, non usa mezzi termini e accusa la stampa di non fare correttamente il proprio lavoro.
Spesso, durante questa infinita pandemia, mi sono chiesto perché molti media abbiano continuato e continui a diffondere cifre e statistiche astratte sul numero di vittime, di persone ricoverate in cure intense, di tassi di infezione, invece di sforzarsi di mettere questi dati nel loro giusto contesto, capire e far capire se un determinata statistica è veramente significativa per comprendere il fenomeno. Alle giornaliste e ai giornalisti non chiedo l’impossibile, chiedo semplicemente di fare correttamente il proprio lavoro.
Recentemente, durante un notiziario di Radio SRF1, è stato annunciato che il presidente USA, Joe Biden ha inasprito le misure anti Covid. La pandemia, negli Stati Uniti, dice lo speaker, ha già ucciso più di 600. 000 persone. Fine della notizia! La nuda cifra, detta così, è un’informazione inutile. Vediamo perché: Alla fine del 2020, si contavano negli Stati Uniti circa 320 mila morti, deceduti “con o da” Coronavirus.
Si tratta dell’uno per mille dei 328 milioni di abitanti degli Stati Uniti. Se consideriamo che mediamente, ogni anno, nel paese, i decessi sono circa 3 milioni, i 320 mila morti “per o da Coronavirus”, rappresentano il 10% del totale.
Con ciò non voglio dire che la situazione non sia preoccupante, voglio dire che senza una corretta contestualizzazione è difficile che il pubblico capisca esattamente di cosa si tratta.
Contestualizzare significa dare gli strumenti, a chi legge o chi ascolta, per capire il fenomeno. È importante, ad esempio, spiegare come si compone la cifra di questi 320 mila decessi. In buona sostanza: quanti sono stati i morti direttamente causati dalla pandemia e quanti i decessi dovuti a gravi malattie pregresse? La differenza: “con Covid o da Covid” non è un dettaglio da poco.
Senza questa specificazione manca l’obiettività dell’informazione.
I ricercatori della Tufts University, negli Stati Uniti, hanno studiato 900’000 casi di pazienti ricoverati nel 2020 perché, apparentemente, affetti da Coronavirus. La loro conclusione è stata che tre quarti dei pazienti ricoverati erano affetti da altre gravi malattie che nulla avevano a che vedere con la pandemia. Per la precisione, il 30,2 per cento dei pazienti soffriva di obesità, il 20,5 per cento di diabete, il 26,2 per cento di pressione alta e l’11,7 per cento di gravi malattie cardiovascolari.
Senza queste patologie preesistenti, hanno sostenuto i ricercatori della Tufts University, tutte queste persone colpite dal Coronavirus non avrebbero avuto bisogno di un ricovero (“Study Estimates Two-Thirds of COVID-19 Hospitalisations do to four conditions”).
La professionalità avrebbe, peraltro, imposto, a giornaliste e giornalisti, di informare sul fatto che, secondo i dati sanitari europei, il tabagismo, l’obesità, la mancanza di esercizio fisico e la cattiva alimentazione, uccidono più del Covid-19. Senza contare che in Africa, ogni anno, cento volte più persone, rispetto a tutti i morti di Covid-19, soccombono a causa della tubercolosi, della malaria e delle conseguenze della malnutrizione.
Ciononostante, per più di un anno, il Coronavirus è stato presentato come il problema numero uno dell’umanità suffragato da cifre e numeri, quotidianamente snocciolati in modo acritico, da giornali, radio e televisioni di tutto il mondo.
Ma c’è di più: l’isolamento, a cui sono stati costretti molti stati del Sud del mondo, a causa degli scenari catastrofici, che poi si sono rivelati assolutamente esagerati, ha parzialmente causato il crollo dell’economia informale in questi stessi paesi. Le conseguenze sono l’aumento della miseria, della fame e dei decessi che vanno ben oltre ciò che il virus avrebbe mai potuto causare. Ci sono ottimi di studi sull’argomento, realizzati da prestigiose università e da organizzazioni di aiuto allo sviluppo. Come giornalisti, bisognerebbe prendersi il tempo di leggerli, per farsi un’idea di quanto sia complesso il fenomeno. Invece, spesso, ci si accontenta di ripetere meccanicamente le cifre e le statistiche propinate dalle autorità sanitarie e dai governi. Si tratta sicuramente di un modo molto comodo ma che non rende giustizia all’informazione.
Intendiamoci! Non si tratta di banalizzare la pandemia che è senza dubbio pericolosa, soprattutto per i soggetti in età avanzata e con gravi malattie. Infatti, una persona anziana su cinque può morire a causa del virus. D’altra parte, il tasso di mortalità per gli under 20 senza malattie pregresse è lo 0,00004%, una percentuale appena misurabile. Per i giovani sani, un’infezione di questo tipo è pericolosa quanto farsi un giro in bicicletta.
Helmut Scheben, Infosperber ZH
Traduzione e adattamento: SSM Lugano